Ad
ogni temperatura gli elettroni di conduzione di un metallo hanno
un moto del tutto casuale e si comportano come le molecole di un gas. Ma cosa impedisce la fuga degli elettroni verso l'esterno?
Si
pensa che l'estrema pellicola superficiale dei
conduttori sia formata esclusivamente dall'affio-ramento di
elettroni satelliti degli atomi superficiali.
Si
pensa cioè che alla superficie dei conduttori ci sia un ' doppio strato ' di cariche elettriche, con la pagina positiva all'interno del
metallo e quella negativa all'esterno.
E’
questo campo elettrico che impedisce agli elettroni di conduzione di uscire dal
metallo, se non hanno energia cinetica sufficiente a vincerlo.
Si
chiama lavoro di estrazione, la minima quantità di energia che si deve fornire al
singolo elettrone per farlo uscire dal metallo, (con velocità nulla).
La d.d.d.
V esistente fra la pagina positiva e quella negativa del
doppio strato è detta potenziale intrinseco del
conduttore considerato.
Questa
d.d.p. è dell'ordine del Volt, ma l'intensità del campo elettrico
corrispondente (E=V / d) è dell'ordine dei 10 miliardi di Volt /
metro, dato che ' d ' è dell'ordine del
raggio atomico.
Nel
1881 fu scoperta l’emissione di elettroni da parte di metalli colpiti da luce
di frequenza superiore ad un valore minimo (effetto fotoelettrico).
La
luce che colpisce un elettrodo metallico (catodo), che si trova in un tubo
di vetro da cui sia stata estratta l'aria, gli fa
emettere elettroni che sono raccolti da un secondo elettrodo (anodo),
collegato al polo positivo
di una pila e l'amperometro segnala il passaggio di corrente.
Soltanto
se la frequenza della luce è maggiore o uguale ad una minima ' fo ', detta frequenza
di soglia, che è caratteristica di ogni metallo, si ha l'emissione
di elettroni e quindi passaggio di corrente.
Secondo
la fisica classica, l'energia trasportata dalla radiazione
elettromagnetica, sarebbe ripartita uniformemente
in tutti i punti dell'onda, per cui se
l'intensità dell'illuminazione fosse debole, sarebbero necessarie delle ore, ..
invece l'emissione degli elettroni è
istantanea, anche con un'illuminazione debolissima. Inoltre si può
verificare che, al diminuire
dell'intensità dell'illuminazione, diminuisce solo il numero dei fotoelettroni emessi,
ma non la loro energia.
Questa invece
aumenta proporzionalmente all'aumento della frequenza della radiazione.
Se si allontana
la sorgente luminosa dal catodo, secondo la teoria elettromagnetica, esso riceverebbe
meno energia e gli elettroni emessi dovrebbero avere una minore energia cinetica.
Einstein ebbe
la geniale idea di utilizzare la teoria di Planck dei ' quanti ' facendo
l'ipotesi che l'energia luminosa si propaghi sotto forma di ' granuli ',
ciascuno di energia ' h*f ' (essendo f la frequenza della radiazione).
Secondo
Einstein l'energia cinetica degli elettroni emessi è data da :
Se h*fo = Eo gli elettroni vengono emessi con velocità
iniziale nulla
.
Eo
rappresenta l'energia di estrazione del singolo elettrone dal metallo
considerato ed h è la costante di Planck (h = 6.6*10-34 Joule*secondo).
Ecco una
tabella di valori che consente di esercitarsi inventandosi valori numerici
significativi
Metallo
|
Potenziale Intrinseco (Volt)
|
Frequenza di soglia *1014 (Hz)
|
Cesio
|
1.9
|
4.6
|
Potassio
|
2.2
|
5.3
|
Sodio
|
2.3
|
5.6
|
Zinco
|
4.2
|
10.0
|
Se ad es. il potenziale di
estrazione è di 4.2 (V), la frequenza di soglia è : fo = 10*1014 (Hz) ed f = 12*1014
(Hz)
La velocità degli elettroni emessi
vale circa 539 (km/s)
Per la sua teoria dei fotoni per spiegare tutti i fatti sperimentali nell'effetto fotoelettrico, Einstein ebbe il premio Nobel, non per la Teoria della relatività, come si potrebbe pensare.
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