mercoledì 31 gennaio 2018

L'Effetto Fotoelettrico


L’EFFETTO FOTOELETTRICO

Ad ogni temperatura  gli  elettroni di conduzione di un metallo hanno un moto del tutto casuale e si comportano come le molecole di un gas. Ma cosa impedisce la fuga degli elettroni verso  l'esterno?

Si pensa che l'estrema  pellicola superficiale  dei  conduttori  sia  formata esclusivamente dall'affio-ramento di elettroni satelliti degli atomi superficiali.

Si pensa cioè che alla superficie dei conduttori ci sia un ' doppio strato '  di cariche elettriche,  con la pagina positiva all'interno del metallo  e  quella negativa all'esterno.

E’ questo campo elettrico che impedisce agli elettroni di conduzione di uscire dal metallo, se non hanno energia cinetica sufficiente a vincerlo.

Se, in conseguenza dei moti interni, un elettrone perviene in questo doppio  strato,  viene respinto verso l'interno del conduttore,  a meno che la sua energia cinetica  non  sia  tale  da fargli superare l'azione antagonista di questo campo.

Si chiama lavoro di estrazione, la minima quantità di energia che si deve fornire al singolo elettrone per farlo uscire dal metallo, (con velocità nulla).

La  d.d.d.  V  esistente  fra la pagina positiva e quella negativa del doppio strato è detta  potenziale intrinseco del conduttore considerato.

Questa d.d.p. è dell'ordine del Volt, ma l'intensità del campo elettrico corrispondente (E=V / d)   è dell'ordine dei 10 miliardi di Volt / metro, dato che ' d '  è dell'ordine del raggio atomico.

Nel 1881 fu scoperta l’emissione di elettroni da parte di metalli colpiti da luce di frequenza superiore ad un valore minimo (effetto fotoelettrico).

Una fotocellula è una specie di lampadina elettrica funzionante alla rovescia.

La luce che colpisce un elettrodo metallico (catodo), che  si  trova  in un tubo  di  vetro  da cui sia stata estratta l'aria, gli fa emettere elettroni che sono raccolti da un secondo elettrodo (anodo), collegato  al  polo positivo  di una pila e l'amperometro segnala il passaggio di corrente.

Soltanto se la frequenza della luce è maggiore o uguale ad una minima ' fo ', detta frequenza di soglia, che è caratteristica di ogni metallo, si ha l'emissione di elettroni  e  quindi passaggio di corrente.

Secondo la fisica classica, l'energia trasportata dalla radiazione elettromagnetica,  sarebbe ripartita uniformemente in tutti i punti dell'onda,  per cui se l'intensità dell'illuminazione fosse debole, sarebbero necessarie delle ore, .. invece l'emissione degli elettroni è  istantanea, anche con un'illuminazione debolissima. Inoltre si può verificare che,  al  diminuire  dell'intensità  dell'illuminazione,  diminuisce solo il numero dei fotoelettroni emessi, ma non la loro energia.

Questa invece aumenta proporzionalmente all'aumento della frequenza della radiazione.
Se si allontana la sorgente luminosa dal catodo, secondo la teoria elettromagnetica, esso riceverebbe meno energia e gli elettroni emessi dovrebbero avere una minore energia cinetica.

Einstein ebbe la geniale idea di utilizzare la teoria di Planck dei ' quanti ' facendo l'ipotesi che l'energia luminosa si propaghi sotto forma di ' granuli ', ciascuno di energia  '  h*f  ' (essendo f la frequenza della radiazione).

Secondo Einstein l'energia cinetica degli elettroni emessi è data da :

    
                                             

Se   h*fo = Eo  gli elettroni vengono emessi con velocità iniziale nulla
.
Eo rappresenta l'energia di estrazione del singolo elettrone dal metallo considerato ed  h  è la costante di Planck  (h = 6.6*10-34  Joule*secondo).

Ecco una tabella di valori che consente di esercitarsi inventandosi valori numerici significativi

Metallo
Potenziale Intrinseco (Volt)
Frequenza di soglia *1014  (Hz)
Cesio
1.9
4.6
Potassio
2.2
5.3
Sodio
2.3
5.6
Zinco
4.2
10.0

Se ad es. il potenziale di estrazione è di 4.2 (V), la frequenza di soglia è : fo = 10*1014  (Hz) ed f = 12*1014 (Hz)

La velocità degli elettroni emessi vale circa 539 (km/s) 


Per la sua teoria dei fotoni per spiegare tutti i fatti sperimentali nell'effetto fotoelettrico, Einstein ebbe il premio Nobel, non per la Teoria della relatività, come si potrebbe pensare.
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mercoledì 24 gennaio 2018

MISURA DELLA VELOCITA' DELLA LUCE COL METODO ASTRONOMICO (Roemer 1676)

MISURA DELLA VELOCITA' DELLA LUCE COL METODO ASTRONOMICO (Roemer 1676)
Uno dei satelliti di Giove, di nome ' Io ', che è il più vicino al suo pianeta, descrive un'orbita  quasi complanare con quella che Giove descrive intorno al Sole.

Dopo ogni giro completo, entra nel cono d'ombra di Giove, per cui non è visibile dalla Terra.
Quando questa è fra T1 e T2, il periodo che si può misurare è di 42.5 ore.

Queste due posizioni sono quasi  alla  stessa  distanza  da  Giove  e  due occultazioni successive
avverranno dopo uno stesso intervallo di tempo di 42.5 ore.

Giove compie un giro intorno al Sole in 12 anni, per cui  si  può  ritenere che  in  42.5 ore rimanga praticamente .. fermo.

Non avverrà la stessa cosa, tre mesi dopo, quando la Terra si troverà nella posizione T3,  perché nel tempo che il satellite di Giove farà un giro,  la Terra si andrà allontanando da Giove,  di  poco nel nostro disegno  non  in  scala,  ma  in pratica quanto bastò  a  Roemer per misurare un lieve ritardo nella misura del periodo fra due occultazioni successive.
Sommando i ritardi  dei  primi  6  mesi  (o gli anticipi dei 6 mesi successivi),  il Roemer misurò un ritardo totale di circa 22  minuti.

Era questo il tempo che la luce aveva impiegato per percorrere il 'diametro' dell'orbita della Terra intorno al Sole.

Non tenne però conto né dello spostamento di Giove  in 6 mesi, né del fatto che l'orbita terrestre non è perfettamente circolare.

La sua misura della velocità della luce rimane 'geniale' anche se con un errore di oltre il 30 %.

Galileo aveva intuito che la velocità della luce fosse finita e aveva tentato  di misurare il tempo impiegato da un lampo della sua lanterna per raggiungere un suo allievo e per rivedere il lampo di luce inviatogli dall’allievo (visibile e posto a distanza ‘ d ‘ per cui sarebbe stato v = 2*d / t(tot)

 Dato il grandissimo valore della velocità , possiamo ben capire l’insuccesso dell’esperimento che poi funzionò  con le distanze astronomiche di Roemer.


Bisognerà arrivare alla seconda metà del 1800 per avere  valori più precisi di questa velocità misurati su distanze terrestri.
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Misura della velocità della luce su distanze terrestri (Fizeau-1849)

La luce proveniente dalla sorgente ' S '  si riflette sullo specchio ' semiargentato ' S1, inclinato di 45°rispetto all'orizzonte e se ha potuto attraversare un vano della ruota dentata,  colpisce  lo specchio verticale  S2, (che Fizeau aveva fissato a una decina di chilometri di distanza), sul quale si riflette e ... torna indietro.

Se trova aperto il vano della ruota, colpisce l'occhio dell'osservatore.

Se  si  aumenta ' gradatamente ' la velocità angolare, la luce al ritorno  troverà  non  più  il  vano  dal quale era passata all'andata, ma il pieno di un dente e l'osservatore vedrà ... buio.  

Continuando  ad aumentare la velocità angolare della ruota dentata, la luce riapparirà all'osservatore  (per  un  valore doppio della frequenza per la quale la luce era sparita la prima volta) e così via ..

Se la ruota ha N denti ed N vani, il tempo che impiega a ruotare di un dente vale :  t = T / (2*N), (essendo T il periodo di rotazione. In questo tempo (t1) la luce  percorre  la  distanza  d   (fra  vano e specchio S2) due volte, quindi : velocità (della luce) = 2 *d / t = 4 * d * N / T .

La ruota dentata usata da Fizeau aveva circa 70 denti e la distanza dallo specchio era un po’ minore di 10 km.  La sua misura risultò superiore di circa il 5 %  del valore misurato anni dopo con maggior precisione.


La sua misura su distanze terrestri ne ispirò altre basate su distanze molto minori e molto più precise.


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Misura della velocità della luce su distanze piccole (da laboratorio) usando uno specchio rotante

L’anno successivo all’esperimento di Fizeau, quindi nel 1850, Foucault misurò la velocità della luce in laboratorio usando uno specchio rotante al posto della ruota dentata di Fizeau. 

I raggi luminosi  provenienti dalla sorgente S, vengono riflessi dallo  specchio semiargentato S1.

Una parte della luce colpisce nel punto ' O ' lo specchio  S2,  sul quale si riflette verso lo specchio sferico S3, che ha nel punto  O  il suo centro di curvatura.  Su questo  specchio  si riflette e torna verso lo specchio inclinato S1, in parte riflettendosi verso la sorgente  S  da cui era partito  ed  in parte verso uno schermo, che incontra nel punto M (se lo specchio era fermo). 

Ma se nel tempo in cui la luce va da O a B e ritorna in O, lo specchio  S2  è ruotato leggermente, il raggio riflesso verso la sorgente non colpirà lo schermo nel punto M, ma un po' più sotto, nel punto N.

Se lo specchio S2 è ruotato di un angolo ß, si dimostra facilmente che l'angolo MON = 2*ß.

Sapendo che in un triangolo rettangolo un cateto è uguale all'altro cateto per la tangente dell'angolo opposto al primo, avremo : MN=MO*tg(2*ß),  per cui si ha :   

    tg(2*ß) = MN/MO

 e si può ricavare il valore di 2*ß  e quindi di  ß.

Se si conosce  la  velocità angolare ω = ß / t si può ricavare  il  tempo  impiegato   dallo  specchio   a ruotare  di  quest'angolo   t = ß / ω   e  quindi il tempo impiegato dalla luce a fare due volte il tratto OB :
                              
c = 2 * OB / t.

Data la brevità  della  distanza  OB, si  può  interporre  un  tubo  pieno  d'acqua.  E' così  che  si è misurata la velocità della luce nell'acqua, nel vetro, ecc.

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martedì 23 gennaio 2018

CORRENTE ELETTRICA NEI LIQUIDI : L'ELETTROLISI

L’ ELETTROLISI

Se immergiamo due lamine metalliche in una vaschetta di vetro contenente acqua distillata (quindi priva di sali), ed applichiamo una tensione fra le lamine, potremo  vedere  che,  mentre  il voltmetro  rivela una tensione, l'amperometro non segna passaggio di corrente.

Ciò prova che l'acqua pura è isolante. Ma, se  aggiungiamo  all'acqua un po' di sale da cucina, la soluzione comincia a diventare conduttrice (l'amperometro rivela passaggio di corrente).

Diversi anni fa una donna asciugava i capelli ai suoi due gemelli nella vasca da bagno. L’asciuga capelli le cascò di mano e l’acqua non era distillata. I due gemelli sfortunati morirono istantaneamente.

Gli acidi, i sali e le basi, aggiunti all'acqua la rendono conduttrice. Per spiegare  il  meccansmo  della conduzione  in  queste soluzioni, (dette  elettrolitiche), seguiremo  come  esempio,   il comportamento del cloruro di sodio (NaCl).

Allo stato neutro, il singolo atomo di sodio ha 11 elettroni, uno solo dei quali nello strato più esterno, mentre il cloro ne ha 17, di cui 7 nello strato più  esterno.  Il  cloro  quindi  tende ad acquistarne  uno nello strato più esterno, per completare l'ottetto (cosa che gli conferisce stabilità).

Allorchè un atomo di sodio e uno di cloro reagiscono per formare la molecola di NaCl,  l'atomo di sodio che cede un elettrone, diventa uno ione positivo (Na+ ),  mentre l'atomo di cloro che ha un elettrone in più, diventa uno ione negativo ( Cl- ).

Il legame dei due ioni (Na+) e (Cl- ) nella molecola, è quindi di tipo elettrostatico.

Quando si scioglie un po' di questo  sale  nell'acqua, dato  che  questa  ha una  grande  costante
dielettrica  relativa (81), la  forza di attrazione dei due ioni diventa  81  volte minore che in aria
e l'agitazione termica, anche a temperatura ordinaria,  riesce a dissociare in ioni dei due segni (Na+) e (Cl- ) molte molecole.

Per ogni temperatura e concentrazione,  si raggiunge un equilibrio (dinamico)  fra  molecole dissociate e indissociate  (perché se due ioni di segno opposto passano vicini,  possono ricongiungersi per formare la molecola di NaCl neutra).

Una soluzione elettrolitica molto usata in laboratorio  è  quella  di solfato di rame, che si dissocia in ioni Cu++ ed SO4--.

Gli ioni Cu++, giunti sul catodo, neutralizzano  la  loro carica  e  per ogni coppia di elettroni catturati,  si ha il deposito sul catodo di un atomo neutro di rame. Quindi ci dev'essere una diretta proporzionalità fra carica totale che in un dato tempo attraversa il circuito (q=i*t)  e  la  massa  'm'  di metallo che si deposita sul catodo (o che viene sottratta all'anodo).


Da un punto di vista fisico c'interessa la legge di  diretta  proporzionalità fra la massa 'm' di metallo che si deposita al catodo e la carica  q=i*t  che ha attraversato la soluzione in un dato tempo 't'.

Questa  legge, scoperta da Faraday, è scritta nella forma : (1)  m = k*q  essendo 'k'  una  costante caratteristica, detta equivalente elettrochimico del metallo del sale  usato.

L'equivalente elettrochimico dell'argento è di 1.118 (mg / C)  per cui  si può affermare che se la corrente in una soluzione di AgNO3 (nitrato d'argento) ha l'intensità di 1 (A),  per ogni secondo di passaggio della corrente, si deve avere sul catodo un deposito di 1,118 milligrammi di Ag  (.. poco più di 1 mg).

Se si vuole controllare la  taratura  di un amperometro,  basterà  inserirlo nel circuito  e  mantenere  la corrente costante (agendo sul cursore del reostato), prefissare un certo tempo e poi controllare se la massa di Ag depositata sul catodo è quella corrispondente alla  carica  'q=i*t'  indicata  indirettamente dall'amperometro.

Le pesate sono misure di grande precisione e pesare l'ampere vuol dire fare una valida taratura.

Grazie alla legge di Faraday (1) sull'elettrolisi è stato possibile misurare il Numero di Avogadro  cioè il numero di atomi presenti in una massa di 'A' grammi, essendo 'A' il peso atomico  N(Av)=6.023*1023.

Data la validità della (1), possiamo scrivere la proporzione =>   m : q = A : N(Av)*z*e   (essendo  'e' la carica elementare, N(Av) il numero di Avogadro) e ‘  z  ‘ la valenza dello ione metallico.

Perché  si  depositi un atomo di rame (z=2) occorre neutralizzare la carica 2*e. 
Per N(Av) atomi ne occorre N(Av)*z*e.

In laboratorio possiamo misurare la carica q = i*t mantenendo la corrente di intensità costante per un certo tempo t.  Prima abbiamo pesato il catodo per conoscere poi, per differenza la massa di metallo che si è depositata dopo il passaggio della corrente e controllare così la legge di Faraday.

Interrotta la corrente abbiamo asciugato il catodo con aria calda prima di misurare la massa finale.

I risultati ottenuti sono stati in ottimo accordo con la legge di Faraday dell’elettrolisi.

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lunedì 22 gennaio 2018

STUDIO SPERIMENTALE DELL’EFFETTO TERMICO DELLA CORRENTE ELETTRICA (EFFETTO JOULE)

STUDIO SPERIMENTALE DELL’EFFETTO TERMICO DELLA CORRENTE ELETTRICA (EFFETTO  JOULE)

Materiale occorrente : calorimetro  (con termometro, agitatore e resistenza), alimentatore (Vo), reostato, amperometro, voltmetro.



La resistenza elettrica R è immersa in una quantità nota  di  acqua la cui  temperatura iniziale  To  è indicata dal termometro.

Se il moto degli elettroni avvenisse nel vuoto, come succede a quelli che si muovono al- l'interno di un tubo a raggi catodici,  il lavoro fatto dalle forze elettriche si trasformerebbe in un aumento della loro energia cinetica.

Invece, all'interno dei conduttori, gli elettroni si muovono con una velocità media costante, dato che il loro moto è ostacolato dagli urti con gli ioni del reticolo cristallino del metallo  (come avviene per un corpo che si muove in un fluido).

Quindi l'energia elettrica spesa (L = Vt) va a incrementare l'energia di  'vibrazione'  degli ioni del reticolo e quindi la 'temperatura' del metallo.

Utilizzeremo l’effetto termico della corrente (effetto Joule) per una misura molto importante, fatta appunto da Joule in una famosa esperienza : del rapporto  L / Q  fra l’energia elettrica L impiegata ed il calore Q prodotto nello stesso tempo.

Ed ecco i valori usati in una vecchia misura :

Massa dell’acqua M = (0.2  ±  0.005) kg , salto di temperatura dT = T – To = (50  ±  1) °C,
 V = (12  ±  0.1) V , i = (6  ± 0.1) A, durata del riscaldamento t = 580 s ,
classe di precisione  strumenti  = 1
Risultati  :  L = V*i*t = (41760 ± 835) J , Q = c*M*(T-To) = 10 kcal
L / Q = 4176 J / kcal   ,   errore relativo 0.24 %

L'effetto termico  della  corrente elettrica  ha  innumerevoli applicazioni pratiche. Le lampade, le stufe, gli scaldabagni, i ferri da stiro ecc, ci sembrano oggetti tanto comuni,  eppure  meno  di  due secoli fa non c’erano.

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domenica 21 gennaio 2018

Polarizzazione elettrica del dielettrico

POLARIZZAZIONE ELETTRICA DEL DIELETTRICO

Dopo aver caricato un condensatore con una d.d.p. Vo, stacchiamo il generatore, in modo che

non possa più dargli cariche  e  introduciamo una lastra  di materiale isolante fra le armature.

Ripetiamo quindi un esperimento fatto  da  Faraday nel 1837.

 Potremo osservare che la  d.d.p. fra le armature del condensatore diminuisce.

Gli atomi dell'isolante, in presenza del campo elettrico Eo ,  si polarizzano e gli elettroni più 

esterni dei loro atomi  faranno delle orbite più allungate.

Quindi una carica negativa  si  affaccerà  all'armatura  carica positivamente, ed una positiva

all'armatura carica negativamente.

Questa carica di polarizzazione dei due segni,  varia al variare dell'isolante ed è sempre mino-

re (in valore assoluto) della carica presente sulle armature. 

Il suo campo elettrico è opposto a quello iniziale Eo ma non l'annulla mai.

Dato  che  la carica Q sulle armature è rimasta la stessa  e  la d.d.p.  è diminuita, la capacità

del condensatore è aumentata. C > Co. 

Il rapporto : C / Co r rappresenta la cosiddetta costante dielettrica relativa dell'isolante

interposto fra le armature del condensatore.


Ep è il campo elettrico generato dalle cariche di polarizzazione dell'isolante.

Segue una tabella di valori della costante dielettrica relativa dei materiali isolanti più comuni :
Costante dielettrica assolute del vuoto  εo   = 8,854*10-12 (F/m)
Costante dielettrica relativa εr = ε / εo
Materiale isolante
εr

Aria secca a pressione atmosferica
1,0006
Acqua distillata
81
Olio minerale
2,2 ÷2,5
Olio per trasformatori
2,0÷2,5
Bachelite
5,5÷8,5
Carta
2
Carta paraffinata
2,5 ÷ 5
Gomma
2,2 ÷2,5
Mica
6÷8
Porcellana
4÷7
Vetro
6÷8


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