martedì 10 ottobre 2017
domenica 8 ottobre 2017
venerdì 6 ottobre 2017
RIFRAZIONE DELLA LUCE
RIFRAZIONE DELLA LUCE
Se la
luce attraversa la superficie di separazione di due mezzi trasparenti diversi,
subisce una deviazione.
Si usa
spesso un semicilindro di vetro (o di
plexiglass), col quale è
abbastanza agevole la misura dei due angoli (formati con la normale nel punto
d'incidenza : ' i ' detto angolo d'incidenza
ed ' r ' angolo di rifrazione.
Se la
velocità v2 con cui
la luce si propaga nel secondo mezzo (come avviene ad es. nel vetro)
è minore della v1 nel primo (che nel nostro caso è l'aria), la luce si
avvicina alla
normale ' n ' per cui risulta che l'angolo di rifrazione ' r ' è minore
di quello d'incidenza ' i ' e
viceversa nel caso contrario.L'esperienza dimostra che al variare
dell'angolo d'incidenza ' i ' fra
zero e 90 gradi, varia anchel'angolo di rifrazione ' r ', ma che,
per ogni
determinata coppia di mezzi,
si mantiene costante il rapporto :
sin ( i ) / sin ( r ) = v1 / v2 = n
Alla costante ' n
' si dà il nome INDICE DI
RIFRAZIONE del mezzo (2) in cui la luce arriva, rispetto al
mezzo (1) da cui proviene.
Spesso il
mezzo da cui proviene la luce è l'aria, e in questo mezzo (come nel vuoto) la
velocità di propagazione è massima e si indica con ' c '.
Quindi
scriveremo : sin (i) / sin (r) = n
= c / v essendo ' v ' la velocità con cui la luce si
propaga nel mezzo (2) in cui arriva.
Il massimo angolo d’incidenza è 90° e gli corrisponde il
massimo angolo di rifrazione (caratteristico del materiale trasparente usato).
Quando al
tramonto molti raggi di luce solare colpiscono la superficie del mare
tangenzialmente, il sub vede la luce rifratta-
Un'analogia
meccanica, dovuta ad Einstein, ci permetterà di capire e di ricordare meglio il
fenomeno della rifrazione della luce.
Immaginiamo che due uomini trasportino un lungo palo
procedendo di pari passo.Finché
entrambi camminano fuori dall'acqua, il palo viene spostato parallelamente a se
stesso, ma appena uno dei due entra nell'acqua, comincia a
rallentare, il palo ruota e riprenderà a traslare in una nuova
direzione quando anche l'altro
uomo entrerà con i piedi
nell'acqua. Così la luce che nell'aria si propaga con una velocità maggiore che
non nell'acqua, quando attraversa la superficie
di separazione di un mezzo in cui rallenta, tende ad avvicinarsi allanormale
nel punto d'incidenza.
Si capisce che se l'angolo d'incidenza è nullo, non si ha rifrazione. In tal caso, nell'esempio precedente, i due uomini entrano nell'acqua contemporaneamente e rallentano, ma il palo non ruota.
Per la
luce, analogamente, quando l'angolo d'incidenza è nullo, lo è anche quello
di rifrazione ed il raggio luminoso prosegue nella stessa direzione.
Infine vogliamo cercare di capire perché
una lente biconvessa ha la proprietà
di piegare un fascio di raggi luminosi
paralleli all'asse ottico, facendoli
convergere verso di esso.
Ad es. il
raggio AI, incontra nel punto ' I ' la superficie di separazione aria-vetro e
dato che questo materiale è più
rifrangente dell'aria, deve
avvicinarsi dalla normale nel punto d'incidenza per cui subisce una prima deviazione
verso l'asse ottico.
Il raggio rifratto I - I', giunto nel punto I' vi incontra la superficie di separazione
vetro-aria, ma ora va verso il mezzo
meno rifrangente (qual'é l'aria, rispetto al vetro) e
nell'emergere si deve allontanare dalla normale, piegando ancora verso
il basso, quindi ancora verso l'asse ottico.
mercoledì 4 ottobre 2017
Calcolo del rendimento di un ciclo termico (Primo esempio)
ESERCITIAMOCI CON UN CICLO TERMICO INESISTENTE (MA MOLTO UTILE)
Immaginiamo che venga eseguito da un gas
perfetto monoatomico, in modo
che per la variazione
della sua energia interna si possa usare la formula :
dU =
3 * n * R * dT / 2 .
Con questi tre
primi dati, p(A) = 1 atm, v(A)= 1 dm3, T(A) = 600
(°K), e sapendo che R =0.0821 litri*atmosfera/°K , si può calcolare il numero
di moli :
n
= p(A)*v(A)/[R*T(A)] = 0.0203
Con l'ultimo dato V(C) = 1.5 dm^3, abbiamo calcolato T(C) = 900 °K
Siamo quindi
passati alla seconda tabella e abbiamo calcolato L(AB) come area di un trapezio
di basi p(A) e p(B) e altezza
V(B) –
V(A), quindi :
L(AB)
= [p(A) + p(B)]* [V(B) – V(A)] / 2 = 2 (litri*atm)
dU(AB)
= U(B) - U(A) = 7.5 (litri*atm)
dU(BC) = U(C) - U(B) = -6.8 (litri*atm)
Q(BC) = L(BC) + dU(BC) = -1 + (-6.8) = - 7.8 (litri*atm)
L(CA) = -0.5 (litri*atm)
dU(CA) = U(C) - U(A) = -0.7 (litri*atm)
Q(CA) = L(CA) + dU(CA) = - 1.2 (litri*atm)
Rendimento
del ciclo = = Area del triangolo (somma algebrica dei tre lavori /somma Q
positivi = 5.26 %
oooooo
Problema sulla corrente indotta e bilancio di potenza
UN PROBLEMA SULLA CORRENTE INDOTTA E BILANCIO DI POTENZA
Il Principio di conservazione dell'energia è inesorabile. Anche nell'ipotesi di assenza di attriti meccanici, per produrre energia elettrica è necessaria una stessa quantità di energia meccanica o di altra forma.
martedì 3 ottobre 2017
La pressione
UNA GRANDEZZA SCALARE CHE A VOLTE VIENE QUASI CONSIDERATA COME SE FOSSE UN VETTORE : LA PRESSIONE
S’ intuisce così facilmente che la pressione esercitata da un corpo debba dipendere non solo dal suo peso, ma anche dall’area della superficie su cui viene esercitata.
L’allievo, anche quello meno giovane, forse darà una risposta sbagliata quando gli mostreremo due recipienti cilindrici di sezione di base molto diversa contenenti ciascuno lo stesso liquido, allo stesso livello e gli chiederemo cosa succederà se si apre il rubinetto di comunicazione che c’ è sul fondo.
Facciamo un ’ ultima domanda.
Per dimostrarla consideriamo un volume V di un liquido di densità d e altezza h contenuto in un cilindro di sezione S.
P = F n / S = m * g / S = d * V * g / S = d * S * h * g / S = d * g * h (indipendente dalla sezione S)
Alla pressione del liquido si deve aggiungere la pressione dell'aria sovrastante
p = d*g*h + Po
lunedì 2 ottobre 2017
IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA (Idea geniale di Pacinotti)
L'anello
di Pacinotti consente di utilizzare la
corrente continua per far girare un
motore.
Per capire il principio di funzionamento,
consideriamo una sola
spira i cui capi sono saldati a due semianelli che ruotano insieme ad
essa.
Le due spazzole di carbone S1 ed
S2, fisse in posizione
orizzontale, toccano ora l'uno ora
l'altro semianello e nella spira la corrente
s'inverte. Cerchiamo di capire
la genialità di questa semplice idea di Pacinotti.
Se il piano della spira percorsa dalla
corrente è orizzontale, quindi parallelo al campo B, agisce una coppia di
forze, il cui momento è massimo e la spira ruota.
Quando il piano della spira diventa
verticale e quindi ortogonale al campo B, la coppia ha momento nullo, ma per
inerzia la spira va oltre.
Se non ci fosse l'inversione della corrente
la spira verrebbe riportata indietro e dopo alcune oscillazioni si fermerebbe.
Ma, superata la posizione verticale, la
corrente s'inverte, perchè le spazzole S1 ed S2 scambiano i contatti con i semianelli e la
spira continua a girare nello stesso verso.
Vogliamo
cercare di spiegare perché, quando questo motore gira piano, (alla partenza o durante
le frenate) assorbe una corrente tanto grande che potrebbe anche
bruciarlo, se non si provvedesse,
durante queste fasi ad inserire il reostato che riduce il valore della corrente
a valori sopportabili.
(Sui veicoli che usano questo motore, il reostato viene comandato direttamente dal
pedale dell'acceleratore e del freno, (come avviene ad es. sui tram).
Per capire questi fatti, cominciamo col
fare un ' bilancio di potenza '. Le spire
dell'avvolgimento del motore,
hanno una resistenza R , che è in serie con la resistenza r del reostato.
Vo*
i
rappresenta la potenza fornita dalla
pila, Pm quella meccanica fornita dal motore,
i2 * (R + r) quella
che si trasforma in calore. Ecco il
bilancio di potenza :
Vo
* i = Pm + i2 * (R + r) , da cui possiamo ricavare
:
(1)
i = (Vo - Pm / i) / (R
+ r).
(Non bisogna preoccuparsi se la corrente
compare in entrambi i membri).
Dalla (1) si può appunto capire che, quando
il motore gira piano, per cui Pm è piccola, il numeratore della frazione è
grande e quindi la corrente è
grande e avviene l'opposto quando il motore
gira veloce (potenza grande).
Il termine Pm / i che viene sottratto a Vo della pila, ci fa capire che il
motore si comporta come una forza
controelettromotrice.
Questa non è altro che la f.e.m. indotta
nelle spire a causa
del fatto che ruotano in un campo
magnetico e quindi sono sottoposte ad una
variazione di flusso e alla legge di Lenz.
IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA
Con un celebre
esperimento fatto fra il 1840 ed
il 1870, James Joule dimostrò che il calore è una forma di ENERGIA e non un fluido (calorico) come molti
ritenevano.
Un corpo può essere riscaldato sia fornendogli calore,
che lavoro, cioè energia meccanica. Po-
tremmo riscaldare l'acqua nella vasca da bagno, facendo
cadere in essa ripetutamente un peso
da una certa altezza.
Se l'acqua fosse
40 litri e si
volesse aumentare la sua temperatura di un solo grado, lasciando
cadere un peso di 10 N da 2 m di
altezza, dovremmo ripetere la caduta per più di 8000 volte.
Joule non
faceva cadere il peso direttamente nell'acqua, ma fuori.
La caduta del peso faceva ruotare delle
palette che riscaldavano l'acqua.
Il valore del tasso di scambio, fu poi da lui stesso verificato sperimentalmente anche in un secondo esperimento in cui riscaldò l'acqua con l'energia …. elettrica, (come facciamo noi oggi con lo scaldabagno .. elettrico).
Il valore del tasso di scambio, fu poi da lui stesso verificato sperimentalmente anche in un secondo esperimento in cui riscaldò l'acqua con l'energia …. elettrica, (come facciamo noi oggi con lo scaldabagno .. elettrico).
Trovò una
legge di
diretta proporzionalità fra il lavoro
L impiegato ed il calore Q prodotto, per cui il rapporto :
L / Q = costante = J = 4186 J / Kcal
Il peso cadendo fa ruotare le palette che, per attrito
riscaldano una data massa di acqua contenuta nel calorimetro, (le contro
palette fisse ne limitano la rotazione). Dopo ogni caduta, riportava il peso in
alto, senza far ruotare le palette.
Ma si può essere certi che tutto il calore prodotto venga utilizzato dall'acqua per
aumentare la propria temperatura ?
Con la temperatura è aumentato anche il volume
dell'acqua (a causa della
dilatazione termica) e nell'espansione, una parte dell'energia è
stata utilizzata per fare il lavoro p*dV contro la pressione esterna.
Ma la quantità di energia p*dV che l'acqua
spende nella dilatazione è quasi del tutto trascurabile in confronto a quella
assorbita, basterebbe utilizzare le densità dell'acqua alle due temperature per
calcolarla (e Joule certamente lo sapeva)..
In generale però potremo affermare che L = J*Q soltanto
se la sostanza (liquida, solida o gassosa) sulla quale si opera compie una trasformazione CICLICA, cioè se le
sue condizioni finali coincidono con quelle iniziali.
Se la trasformazione non è ciclica, in generale la differenza J*Q - L risulta diversa da
zero.
E' ad es. possibile verificare che nella
trasformazione di 1 cm3 di acqua a 100 °C in vapore
a 100 °C, la differenza J*Q – L = 500 cal.
La coesione nei liquidi dimostra che le molecole si attirano. Nel vapore sono più lontane e ciò richiede energia che rimane immagazzinata sotto forma di energia potenziale (come avviene per una molla allungata).
La coesione nei liquidi dimostra che le molecole si attirano. Nel vapore sono più lontane e ciò richiede energia che rimane immagazzinata sotto forma di energia potenziale (come avviene per una molla allungata).
Vogliamo ora dimostrare che per far passare un sistema
(solido, liquido, gassoso) da uno
stato iniziale A ad uno finale B, mentre i valori di Q
e di L
variano al variare della trasformazione seguita, la loro
differenza è la stessa.
Se esprimiamo Q ed L
nella stessa unità di misura, dimostreremo che :
Q1 - L1
= Q2 - L2.
La trasformazione inversa B3A riporta il sistema dallo
stato finale B a quello iniziale A.
Le due trasformazioni A1B3A e
A2B3A sono entrambe 'cicliche', per cui potremo scrivere :
(1) Q1+Q3
= L1+L3
, (2) Q2+Q3 = L2+L3.
Sottraendole membro a membro, si ha :
Q1 - L1
= Q2 - L2.
La differenza Q -
L gode quindi della stessa proprietà che
ha in Meccanica il lavoro di una forza conservativa. Come nel caso meccanico si
era introdotta la funzione energia potenziale che dipendeva dalle coordinate
spaziali, riferite ad un livello arbitrario, così in Termodinamica si introduce
una funzione
di stato dipendente da p, V
e T (invece che da coordinate spaziali).
Questa funzione è detta 'ENERGIA INTERNA' del sistema
considerato ed è determinata a meno di una costante
arbitraria e si pone : Q - L = dU , essendo
dU = U(B) - U(A) la variazione di energia interna fra i due stati
estremi A e B considerati.
Non importa, né in generale è possibile, conoscere il valore dell'energia interna, perché, come avviene anche in meccanica con l'energia potenziale, interessano
solo le sue variazioni.
L'energia interna è data dalla somma delle energie
cinetiche e potenziali delle sue molecole.
La Teoria cinetica dei gas, utilizzando un modello
meccanico, ci consentirà di poter calcolare le variazioni dell'energia interna
per i gas monoatomici e biatomici.
Bisognerà stare attenti ai segni di Q ed L. Se si tratta di
calore che il sistema assorbe dall'esterno, Q va considerato positivo e
negativo il calore che il sistema scarica all'esterno.
Il lavoro è invece positivo nell'espansione e negativo nella compressione.(NON TUTTI PERO’ SEGUONO QUESTA
STESSA CONVENZIONE).
CONCLUSIONI
Per
un ' SISTEMA ISOLATO ' che non può quindi scambiare con
l'esterno né calore, né
lavoro, risulta dU = 0, cioè U
= costante.
L'equazione
Q – L = dU
(che rappresenta il Primo principio
della Termodinamica), ci permette di
estendere il principio di conservazione dell'energia meccanica, che
difettava in presenza di attriti o di altre
forze non conservative,
a tutte le possibili
forme di energia, (comprendendo
ora anche quella termica).
L' Universo è un sistema isolato e nel suo
interno si possono avere solo
conversioni di energia da una forma ad un'altra, ma non
variazioni.
oooooo
MISURIAMO LA VISCOSITA' DI UN OLIO CON UNA PALLINA CHE CI CADE DENTRO
MISURIAMO
LA VISCOSITA’ DI UN OLIO CON UNA PALLINA (CONTRO LE SOFISTICAZIONI
ALIMENTARI)
P = m*g = dSf*V*g. (dLiq e dSf sono le densità).
Una sferetta, cadendo in un
fluido è sottoposta all'azione di tre forze :
P - S - Fa = m * a
Il peso P è rivolto verso il
basso, mentre Fa ed
S sono rivolte verso l'alto.
P ed S
sono costanti, mentre la forza
d'attrito viscoso Fa aumenta
con la velocità e se non si originano vortici, in
accordo con la legge di
Stokes è data da :
Fa = 6*π*β*R*v
dove R rappresenta il
raggio della sferetta, ' v ' la sua velocità e ' β'
il coefficiente d'attrito del liquido.
La spinta S, uguale al peso del
volume del liquido spostato, è data da : S = dLiq*V*g ,
mentre :
P = m*g = dSf*V*g. (dLiq e dSf sono le densità).
Se la velocità iniziale della
sferetta è nulla, risulta Fa
= 0, e in quel momento l'accelerazione è massima : aMax = (P - S)
/ m .
Fa aumenta all'aumentare
della velocità, mentre l'accelerazione diminuisce fino ad annullarsi.
Quando a = 0 risulta : P - S - Fa = 0 e la sferetta continua la discesa a
velocità costante, (questa vMax è la velocità di '
regime ') .
Se a = 0 quindi risulta Fa = 6*π*β*R*vMax = P - S e per calcolare il coefficiente di viscosità β basterà misurare questa velocità (che diventa costante dopo pochi centimetri di discesa in un olio), quindi in un tratto successivo di lunghezza h, avremo : vMax = h / t :
β = (P - S) / [6*π*R*vMax]
Al computer abbiamo voluto studiare il moto della sferetta nel primo tratto della discesa a partire da v = 0 fino a quando la velocià diventa costante e l'accelerazione a = 0.
Dall'inizio del moto fino
all'istante in cui a = 0,
l'accelerazione non è quindi costante, ma per poter usare le leggi del moto rettilineo uniformemente accelerato abbiamo diviso il tempo in un grandissimo numero di parti in
modo che in ciascuna l'accelerazione possa essere ritenuta costante.
Ed ecco il metodo
dell'analisi numerica, base
di questo programma.
Dopo l'introduzione dei dati
(raggio della sferetta, densità relativa
del materiale di cui è fatta, densità relativa del liquido e
il suo coefficiente di viscosità β), abbiamo inizializzato il calcolo, ponendo
: t = 0, s = 0, v = 0,
aMax = (P - S) / m, vMax = (P - S) / (6*π*β
*R) ,
tmax = 5 * m / (6 * π * β *
R) ,
dt = tMax/20000.
Il valore di tMax può essere
giustificato dal calcolo infinitesimale.
Il seguente è l'algoritmo di base del programma.
For t = 0 to tMax Step
dt
a = (P - S - 6 * π * β * R * v) / m
v = v + a * dt , s = s + v * dt
ts =
2500 + 4000 * t / tmax,
Vs = 5500 - 4000 * v / Vmax
As = 5500 - 4000 * a / aMax
PSet (ts, Vs) ,
PSet (ts, As)
Next t
Con un procedimento matematico rigoroso, basato sul calcolo differenziale abbiamo
ricavato i valori della velocità
e dell'accelerazione della sferetta immersa nel liquido :
v = (Fo / k)
* (1 - e - k * t / m ) ,
a = (Fo / m) * e - k * t / m
essendo : Fo = P - S
, k = 6*π*β*R , e si può capire che (m / k)
è la COSTANTE di TEMPO . (m=dSf*Volume)
Volendo misurare il valore del coefficiente di viscosità
di un liquido, basterà misurare il tempo che una sferetta impiega per
percorrere a velocità costante una data altezza h :
vMax = h / t. Sapendo che : vMax = (P - S) / (6 * π
* β* R), si può calcolare il valore di β .
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