martedì 10 ottobre 2017

Il Teorema dell'impulso (Equazione vettoriale)






APPLICHIAMO IL TEOREMA DELL'IMPULSO
Esempio numerico :
Dati : m = 2  (kg),  Vo = 10  (m/s)  , V = 10  (m/s)  , dt = 0.02  (s) . risulta :  F =  40 / 0.02 = 2000 (N)
Se fosse dt = 0.2 (s)  risulterebbe : F = 40 / 0.2 = 200  (N)


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venerdì 6 ottobre 2017

RIFRAZIONE DELLA LUCE


RIFRAZIONE DELLA LUCE

Se la luce attraversa la superficie di separazione di due mezzi trasparenti diversi, subisce una deviazione.
Si usa spesso un semicilindro di vetro  (o di plexiglass),  col quale è abbastanza agevole la misura dei due angoli (formati con la normale nel punto d'incidenza : ' i ' detto  angolo  d'incidenza  ed  ' r ' angolo di rifrazione.
Se la velocità  v2  con cui  la luce si propaga  nel  secondo mezzo (come avviene ad es. nel vetro) è minore della  v1  nel primo  (che nel nostro caso è l'aria), la luce  si  avvicina   alla  normale ' n ' per cui risulta che l'angolo di rifrazione ' r '  è minore  di  quello d'incidenza ' i ' e viceversa nel caso contrario.L'esperienza dimostra che  al variare  dell'angolo  d'incidenza ' i ' fra zero e 90 gradi,  varia  anchel'angolo di rifrazione ' r ', ma che, per  ogni  determinata  coppia di mezzi, si  mantiene  costante il rapporto :

sin ( i ) / sin ( r ) = v1 / v2 = n

Alla costante ' n '  si dà il nome INDICE DI RIFRAZIONE  del  mezzo (2) in cui la luce arriva, rispetto al mezzo (1) da cui proviene.
Spesso il mezzo da cui proviene la luce è l'aria, e in questo mezzo (come nel vuoto)  la  velocità di propagazione è massima e si indica con ' c '.
Quindi scriveremo : sin (i) / sin (r)  =  n  =  c / v  essendo ' v ' la velocità con cui la luce si propaga nel mezzo (2) in cui arriva.
Il massimo angolo d’incidenza è 90° e gli corrisponde il massimo angolo di rifrazione (caratteristico del materiale trasparente usato).
Quando al tramonto molti raggi di luce solare colpiscono la superficie del mare tangenzialmente, il sub vede la luce rifratta-
Un'analogia meccanica, dovuta ad Einstein, ci permetterà di capire e di ricordare meglio il fenomeno della rifrazione della luce.
Immaginiamo che due uomini trasportino un lungo palo procedendo di pari passo.Finché entrambi camminano fuori dall'acqua, il palo viene spostato parallelamente a se stesso, ma  appena  uno dei due entra nell'acqua, comincia a rallentare, il palo ruota e riprenderà a traslare in  una nuova  direzione  quando  anche l'altro  uomo  entrerà con i piedi nell'acqua. Così la luce che nell'aria si propaga con una velocità maggiore che non nell'acqua,  quando attraversa la superficie di separazione di un mezzo in cui rallenta, tende ad avvicinarsi allanormale nel punto d'incidenza.


Si capisce che se l'angolo d'incidenza è nullo, non si ha rifrazione. In tal caso, nell'esempio precedente, i due uomini entrano nell'acqua contemporaneamente e rallentano, ma il palo non ruota.
Per la luce, analogamente, quando l'angolo d'incidenza è nullo, lo è anche  quello  di rifrazione ed il raggio luminoso prosegue nella stessa direzione.

Infine vogliamo cercare di capire  perché  una lente  biconvessa ha la proprietà di  piegare un fascio di raggi luminosi paralleli  all'asse ottico, facendoli convergere verso di esso.
Ad es. il raggio AI, incontra nel punto ' I ' la superficie di separazione aria-vetro e dato che questo materiale  è  più  rifrangente dell'aria,  deve avvicinarsi dalla normale nel punto d'incidenza per cui subisce una prima deviazione verso l'asse ottico.
Il raggio rifratto I - I', giunto nel punto I'  vi incontra la superficie di separazione vetro-aria,  ma ora va verso il mezzo meno rifrangente (qual'é l'aria, rispetto al vetro)  e  nell'emergere si deve allontanare dalla normale, piegando ancora verso il basso, quindi ancora verso l'asse ottico.

Con un ragionamento analogo è possibile capire perché una lente biconcava risulta 'divergente'.



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mercoledì 4 ottobre 2017

Calcolo del rendimento di un ciclo termico (Primo esempio)







ESERCITIAMOCI CON UN CICLO TERMICO INESISTENTE (MA MOLTO UTILE)




Immaginiamo che venga eseguito da un gas perfetto monoatomico, in  modo  che  per  la variazione  della sua energia interna si possa usare la formula  :    
    

dU = 3 * n * R * dT / 2 .

Con questi tre primi dati,  p(A) = 1 atm,  v(A)= 1 dm3,  T(A) = 600 (°K), e sapendo che R =0.0821 litri*atmosfera/°K , si può calcolare il numero di moli :

 n = p(A)*v(A)/[R*T(A)] = 0.0203

Dati p(B) = 3 atm  e V(B) = 2 dm^3  si è                                                                                                calcolata T(B)=p(B)*V(B) / (n*R)=3600 °K.



                  Con l'ultimo dato V(C) = 1.5 dm^3,  abbiamo calcolato T(C) = 900 °K


Siamo quindi passati alla seconda tabella e abbiamo calcolato     L(AB)  come  area di  un trapezio  di  basi  p(A)  e  p(B)  e  altezza 
 V(B) – V(A), quindi : 
L(AB) = [p(A) + p(B)]* [V(B) – V(A)] / 2 = 2  (litri*atm)
dU(AB) = U(B) - U(A)  = 7.5 (litri*atm)

                                         L(BC) = - 1  (litri*atm)  (negativo perché il volume diminuisce). 
dU(BC) = U(C) - U(B) = -6.8  (litri*atm)

Q(BC) = L(BC) + dU(BC) = -1 + (-6.8) = - 7.8  (litri*atm)

L(CA) = -0.5  (litri*atm)
 dU(CA) = U(C) - U(A) = -0.7  (litri*atm)
 Q(CA) = L(CA) + dU(CA) = - 1.2  (litri*atm)

Rendimento del ciclo = = Area del triangolo (somma algebrica dei tre lavori /somma Q positivi =  5.26 % 



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Problema sulla corrente indotta e bilancio di potenza

UN PROBLEMA SULLA CORRENTE INDOTTA E BILANCIO DI POTENZA



Il Principio di conservazione dell'energia è inesorabile. Anche nell'ipotesi di assenza di attriti meccanici, per produrre energia elettrica è necessaria una stessa quantità di energia meccanica o di altra forma.
BISIOGNA PEDALARE PER PRODURRE ENERGIA ELETTRICA, MA VOGLIAMO AUGURARCI UN SEMPRE MAGGIORE IMPIEGO DI ENERGIE ALTERNATIVE (SOLARE, EOLICA, MAREE, MOTO ONDOSO, BIOMASSE ,,,,

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martedì 3 ottobre 2017

La pressione

UNA  GRANDEZZA  SCALARE  CHE A VOLTE  VIENE QUASI CONSIDERATA COME SE FOSSE UN VETTORE : LA PRESSIONE
Anche se ancora non sa cosa sia veramente la grandezza fisica pressione un giovane allievo  intuisce che la pressione che il liquido esercita nel punto 2 sia maggiore di quella nel punto 1.

Se poi  si chiede se la pressione esercitata da un libro su un piano orizzontale sia la stessa di quella esercitata da due libri, sicuramente non sbaglierà. Dirà giustamente che p2 > p1.
Sarà  facile  fargli  capire che  sulla neve  una  donna non può andarci con i tacchi a spillo, ma con le racchette o gli sci,  in modo che il suo peso sia distribuito su una superficie maggiore.
S’ intuisce così facilmente che la pressione esercitata  da  un corpo debba dipendere non solo dal suo peso, ma anche dall’area  della superficie su cui viene esercitata.

L’allievo, anche quello meno giovane, forse darà una risposta sbagliata quando gli mostreremo  due recipienti cilindrici di sezione di base molto diversa contenenti ciascuno lo stesso liquido, allo stesso livello e gli chiederemo cosa succederà se  si apre il rubinetto di comunicazione che c’ è   sul  fondo.
Quale dei due esercita maggior pressione sul fondo? Dovrebbe essere quello che .. affoga l’altro. Proviamo ad aprire il rubinetto? Cosa succede? E’ incredibile! Il liquido non si muove. La pressione sul fondo di ciascuno   è   la  stessa e dipende solo dal livello del liquido (e dalla sua densità).
E’ quello che dimostreremo e che va sotto il nome di Legge di Stevin (chiamato da noi italiani anche Stevino dal nome latino Stevinus).

Facciamo un ’ ultima domanda.



La pressione esercitata dalla forza  F  sulla  superficie  disegnata   è maggiore nel primo o nel secondo disegno? Quale delle due componenti di F esercita la pressione Fn o F// ? Siamo certi della  risposta corretta e saremo pronti per dimostrare la Legge di Stevin.





  Per dimostrarla consideriamo un volume V di un liquido di densità d e altezza h contenuto in    un cilindro di sezione S.
  P  =  F n /  S  =  m * g  /  S  =   d * V * g  /  S   =   d g / S  =  d h          (indipendente     dalla       sezione S)

Alla pressione del liquido si deve aggiungere la pressione dell'aria sovrastante                     

p  =  d*g*h  +  Po

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lunedì 2 ottobre 2017

IL MOTORE IN CORRENTE CONTINUA (Idea geniale di Pacinotti)





L'anello  di Pacinotti  consente di  utilizzare la  corrente  continua per far girare  un   motore.

Per capire il principio di funzionamento, consideriamo  una  sola  spira i cui capi sono saldati a due semianelli che ruotano insieme ad essa.

Le due spazzole di carbone S1  ed  S2,  fisse in posizione orizzontale,  toccano ora l'uno ora l'altro semianello e nella spira  la  corrente  s'inverte.   Cerchiamo di capire la genialità di questa semplice idea di Pacinotti.

Se il piano della spira percorsa dalla corrente è orizzontale, quindi parallelo al campo B, agisce una coppia di forze, il cui momento è massimo e la spira ruota.

Quando il piano della spira diventa verticale e quindi ortogonale al campo B, la coppia ha momento nullo, ma per inerzia la spira va oltre.

Se non ci fosse l'inversione della corrente la spira verrebbe riportata indietro e dopo alcune oscillazioni si fermerebbe.

Ma, superata la posizione verticale, la corrente s'inverte, perchè le spazzole S1  ed  S2  scambiano i contatti con i semianelli e la spira continua a girare nello stesso verso.

Vogliamo cercare di spiegare perché, quando questo motore  gira piano, (alla partenza  o  durante le frenate) assorbe una corrente tanto grande che potrebbe  anche  bruciarlo, se  non  si  provvedesse, durante queste fasi ad inserire il reostato che riduce il valore della corrente a valori sopportabili.

(Sui veicoli che usano questo motore,  il reostato viene comandato direttamente dal pedale dell'acceleratore e del freno, (come avviene ad es. sui tram).

Per capire questi fatti, cominciamo col fare un ' bilancio di potenza '.  Le spire  dell'avvolgimento  del motore, hanno una resistenza R , che è in serie con la resistenza r del reostato.

Vo* i  rappresenta la potenza fornita dalla pila, Pm quella meccanica fornita dal motore,
   
 i2 * (R + r)  quella che  si trasforma in calore. Ecco il bilancio di potenza :

  
Vo * i = Pm + i2 * (R + r) ,   da cui possiamo ricavare :

(1)      i = (Vo - Pm / i) / (R + r).

(Non bisogna preoccuparsi se la corrente compare in entrambi i membri).

Dalla (1) si può appunto capire che, quando il motore gira piano, per cui Pm è piccola,  il numeratore della frazione  è  grande  e  quindi la corrente  è  grande  e  avviene l'opposto quando  il  motore gira veloce (potenza grande).

Il termine Pm / i  che viene sottratto a  Vo della pila, ci fa capire  che  il motore si comporta  come una forza controelettromotrice.

Questa non è altro che la f.e.m. indotta nelle spire  a  causa  del fatto  che ruotano in un campo magnetico e quindi sono sottoposte ad una  variazione di flusso e alla legge di  Lenz.

Quando il motore gira piano questa f.e.m. indotta è piccola e la corrente grande.

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IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

IL PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA

Con un celebre esperimento fatto fra il  1840   ed   il  1870,    James  Joule dimostrò  che il calore è una forma di ENERGIA e non un fluido (calorico) come molti ritenevano.

Un corpo può essere riscaldato sia fornendogli calore, che lavoro, cioè energia meccanica. Po-
tremmo riscaldare l'acqua nella vasca da bagno, facendo cadere in essa ripetutamente un peso
da una certa altezza.

Se l'acqua fosse  40  litri  e  si volesse aumentare la sua temperatura di un solo grado,  lasciando  cadere un peso di 10 N  da  2 m  di altezza, dovremmo ripetere la caduta per più di 8000 volte.

Joule  non  faceva cadere  il  peso direttamente nell'acqua,  ma fuori.  La caduta del peso faceva ruotare delle palette che riscaldavano l'acqua. 

Il valore del tasso di scambio,  fu poi da lui stesso verificato sperimentalmente  anche  in  un  secondo esperimento in cui riscaldò l'acqua con l'energia …. elettrica,  (come  facciamo noi oggi con lo scaldabagno .. elettrico).

Trovò  una legge  di  diretta proporzionalità  fra  il lavoro  L  impiegato ed il  calore Q prodotto, per cui il rapporto :   
        
L / Q = costante = J = 4186 J / Kcal

Il peso cadendo fa ruotare le palette che, per attrito riscaldano una data massa di acqua contenuta nel calorimetro, (le contro palette fisse ne limitano la rotazione). Dopo ogni caduta, riportava il peso in alto, senza far ruotare le palette.

Ma si può essere certi che tutto il calore prodotto  venga  utilizzato dall'acqua per aumentare la propria temperatura ?

Con la temperatura è aumentato anche il  volume  dell'acqua  (a causa della dilatazione termica)  e  nell'espansione, una parte dell'energia è stata utilizzata per fare il lavoro p*dV  contro la pressione esterna.

Ma la quantità di energia p*dV che l'acqua spende nella dilatazione è quasi del tutto trascurabile in confronto a quella assorbita, basterebbe utilizzare le densità dell'acqua alle due temperature per calcolarla (e Joule certamente lo sapeva)..

In generale però potremo affermare che  L = J*Q   soltanto  se  la sostanza  (liquida, solida o gassosa)  sulla quale si opera  compie una trasformazione CICLICA, cioè se le sue condizioni finali coincidono con quelle iniziali.

Se la trasformazione non è ciclica,  in generale la differenza  J*Q  -  L   risulta diversa da zero.

E' ad es. possibile verificare che nella trasformazione  di  1 cm3 di acqua a 100 °C in vapore a 100 °C, la differenza  J*Q L = 500 cal. 

La coesione nei liquidi dimostra che  le molecole  si  attirano.  Nel vapore sono più lontane  e ciò richiede energia  che  rimane immagazzinata  sotto  forma  di energia potenziale (come avviene per una molla allungata).

Vogliamo ora dimostrare che per far passare un  sistema  (solido,  liquido, gassoso) da uno stato iniziale A ad uno finale B, mentre i valori di  Q  e  di  L  variano al variare della trasformazione seguita,  la  loro  differenza  è la stessa.

Se  esprimiamo Q  ed  L  nella  stessa  unità  di  misura, dimostreremo che :

Q1 -  L1 = Q2  -  L2.

La trasformazione inversa B3A riporta il sistema dallo stato finale B a quello iniziale A.

Le due trasformazioni A1B3A  e  A2B3A sono entrambe 'cicliche', per cui potremo scrivere :

                                                              (1)    Q1+Q3 = L1+L3  ,    (2)   Q2+Q3 = L2+L3.

Sottraendole membro a membro, si ha :


Q- L1 = Q- L2.

La differenza  Q - L  gode quindi della stessa proprietà che ha in Meccanica il lavoro di una forza conservativa. Come nel caso meccanico si era introdotta la funzione energia potenziale che dipendeva dalle coordinate spaziali, riferite ad un livello arbitrario, così in Termodinamica si introduce  una  funzione  di stato dipendente da  p,  V   e   T   (invece  che da coordinate spaziali).

Questa funzione è detta 'ENERGIA INTERNA' del sistema considerato  ed  è determinata a meno di una costante arbitraria e si pone : Q - L = dU , essendo  dU = U(B) - U(A)  la  variazione di energia interna fra i due stati estremi A e B considerati.

Non importa, né in generale è possibile, conoscere  il  valore  dell'energia  interna, perché, come avviene anche in meccanica con l'energia potenziale, interessano solo le sue variazioni.

L'energia interna è data dalla somma delle energie cinetiche e potenziali delle sue molecole.
La Teoria cinetica dei gas, utilizzando un modello meccanico, ci consentirà di poter calcolare le variazioni dell'energia interna per i gas monoatomici e biatomici.

Bisognerà stare attenti ai segni di Q ed L.  Se si tratta di calore che il sistema assorbe dall'esterno, Q va considerato positivo e negativo il calore che il sistema scarica all'esterno. 
Il lavoro  è  invece positivo nell'espansione e  negativo nella compressione.(NON TUTTI PERO’ SEGUONO QUESTA STESSA CONVENZIONE).

CONCLUSIONI

 Per un ' SISTEMA ISOLATO ' che  non  può quindi scambiare  con  l'esterno né calore, né  lavoro, risulta  dU = 0,  cioè  U = costante.
L'equazione  Q – L  =  dU  (che rappresenta  il  Primo  principio della Termodinamica),  ci permette di estendere il principio di conservazione dell'energia meccanica, che difettava  in  presenza di attriti o di  altre  forze  non  conservative,  a  tutte  le possibili  forme di energia,  (comprendendo ora anche quella termica).

L' Universo è un sistema isolato e nel suo interno si possono avere  solo conversioni  di  energia da una forma ad un'altra, ma non variazioni.


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MISURIAMO LA VISCOSITA' DI UN OLIO CON UNA PALLINA CHE CI CADE DENTRO

MISURIAMO  LA VISCOSITA’ DI UN OLIO CON UNA PALLINA (CONTRO LE SOFISTICAZIONI ALIMENTARI)

Una sferetta, cadendo in un fluido è sottoposta all'azione di tre forze :
1)  Il suo stesso peso  P,   2)  la spinta di Archimede  S,    3)  la  forza  d'attrito viscoso   Fa .
P - S - Fa = m * a

Il peso P è rivolto verso il basso, mentre  Fa  ed  S  sono  rivolte verso l'alto.



P  ed  S sono costanti, mentre  la  forza  d'attrito viscoso  Fa  aumenta  con la velocità e se non si originano vortici, in accordo con la  legge  di  Stokes  è data da
Fa = 6*π*β*R*v 

dove R rappresenta  il  raggio della sferetta, ' v ' la sua velocità e  ' β'  il coefficiente d'attrito del liquido.

La spinta S, uguale al peso del volume del liquido spostato, è data da : S = dLiq*V*g , mentre  :

 P = m*g = dSf*V*g.     (dLiq  e  dSf   sono le densità).

Se la velocità iniziale della sferetta è nulla, risulta  Fa = 0, e in quel momento l'accelerazione è massima :  aMax =  (P - S)  /  m .

Fa  aumenta all'aumentare della velocità, mentre l'accelerazione diminuisce fino ad annullarsi.

 Quando a = 0  risulta :    P - S - Fa =  0  e la sferetta continua  la discesa a  velocità costante,  (questa vMax  è  la velocità di ' regime ') .

Se a = 0 quindi risulta  Fa = 6*π*β*R*vMax  = P - S    e per calcolare il coefficiente di viscosità β basterà misurare questa velocità (che diventa costante dopo pochi centimetri di discesa in un  olio),  quindi  in un tratto successivo di lunghezza h, avremo : vMax  = h / t :  

β = (P - S) /  [6*π*R*vMax]

Al computer abbiamo voluto studiare il moto della sferetta nel primo tratto della discesa a partire da v = 0  fino a quando la velocià diventa costante e l'accelerazione a = 0.
Dall'inizio del moto fino all'istante in cui  a = 0, l'accelerazione   non   è  quindi costante, ma per poter usare le leggi del moto rettilineo  uniformemente  accelerato  abbiamo  diviso  il  tempo  in un  grandissimo  numero di parti in modo che  in  ciascuna l'accelerazione possa essere ritenuta costante. 

Ed ecco il metodo dell'analisi numericabase  di questo programma.

Dopo l'introduzione dei dati (raggio della sferetta,  densità relativa del materiale di cui è fatta, densità relativa del liquido  e  il  suo  coefficiente di viscosità  β), abbiamo inizializzato il calcolo, ponendo : t = 0,    s = 0,    v = 0,    aMax = (P - S) /  m,     vMax = (P - S) / (6*π*β *R) ,
 tmax = 5 * m / (6 * π *  β  * R)   ,    dt  =  tMax/20000.

Il valore di tMax può essere giustificato dal calcolo infinitesimale.







Il seguente è l'algoritmo di base del programma.

For  t = 0  to  tMax  Step  dt

 a = (P - S - 6 * π *  β * R * v) / m
 v = v + a * dt ,  s = s + v * dt
 ts =  2500 + 4000 * t / tmax,  Vs = 5500 - 4000 * v / Vmax
 As = 5500 - 4000 * a / aMax
 PSet (ts, Vs) , 
 PSet (ts, As)

Next t

Con un procedimento matematico rigoroso,  basato sul calcolo differenziale  abbiamo  ricavato  i valori della velocità e dell'accelerazione della sferetta immersa nel liquido :

v = (Fo / k)  * (1 - e - k * t / m )  ,      a  =  (Fo / m) * e - k * t / m

essendo : Fo = P - S  ,  k = 6*π*β*R   , e si può capire che  (m / k)  è la COSTANTE di TEMPO . (m=dSf*Volume)

Volendo misurare il valore del coefficiente di viscosità di un liquido, basterà misurare il tempo che una sferetta impiega per percorrere a velocità costante una data altezza h :
vMax = h / t. Sapendo che : vMax = (P - S) / (6 * π * β* R), si può calcolare il valore di β .

A queste misure sono ad es. interessati i chimici che si occupano di oli da motore (per ricerca) o di oli commestibili contro le sofisticazioni alimentari.


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