venerdì 30 marzo 2018

TRASFORMAZIONE DI UN NUMERO DA BASE 10 A BASE 2 (Sia intero che decimale)


TRASFORMAZIONE  DI  UN  NUMERO  DA  BASE 10  A  BASE  2
Come esempio trasformiamo il numero 35 da base 10 a base 2.

Vogliamo far capire che :  3510 = 1000112

       E ORA TRASFORMIAMO UN NUMERO DECIMALE DA BASE 10 A BASE 2 







(1*23  +  1*22  +  1*21  +  1*20)   +   (0*2-1 + 1*2-2 + 0*2-3 + 1*2-4) = 15.32

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giovedì 29 marzo 2018


STUDIO SPERIMENTALE DEL MOTO  ARMONICO

Si  può  verificare  sperimentalmente  che  il moto oscillatorio di una  massa attaccata a una molla può  essere considerato  come  proiezione  di  un moto circolare  uniforme su un piano ortogonale alla circonferenza.

Allungando o comprimendo la molla, la massa appesa, sotto l'azione della forza elastica oscilla intorno alla posizione centrale di equilibrio.

Cronometrando il tempo di 10 oscillazioni complete (come minimo, per ridurre l'errore) e dividendolo per il loro numero, potremo ottenere  il valore del periodo T, cioè della durata di una oscillazione da un estremo  all'estremo stesso.

Potremo anche verificare che non varia al variare dell'ampiezza dell'oscillazione, pur di non

superare i limiti di elasticità della molla (ISOCRONISMO).

Passiamo ora allo studio sperimentale del legame esistente fra periodo e massa m oscillante.

Ecco i risultati di vecchie misure : 




Successivamente si è studiata la dipendenza del periodo dalla costante della molla, per cui si è utilizzata una sola massa appendendola a molle di diversa costante elastica.




Nella  (4)   non   compare  il  raggio ' R '   (ampiezza del moto armonico).
Quindi, fissati i valori della massa ' m ' e della costante  ' k ' della molla, le oscillazioni armoniche sono ISOCRONE perché indipendenti dall'ampiezza dell'oscillazione (avvengono cioè in uno stesso tempo).
Galileo (secondo una leggenda)  aveva scoperto la legge dell’isocronismo usando come .. orologio il battito del suo polso e come oscillatore un lampadario del duomo di Pisa.




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lunedì 26 marzo 2018

Lo spettrometro di massa e gli isotopi


LO  SPETTROMETRO  DI  MASSA (Aston 1919)



Un fascetto di ioni positivi, proveniente dal punto  S,  entra in una prima camera in cui sono presenti sia un  campo elettrico (fra le armature del condensatore),  che un  campo magnetico ortogonale a quello elettrico e di verso entrante nel video.

Questi due campi fanno passare dalla fenditura F soltanto ioni aventi una stessa velocità (selettore di velocità).

Infatti  se  la forza  elettrica   q*E   e  quella  magnetica   B*q*hanno la stessa  intensità   (e versi opposti),  non verranno deviati solo quegli ioni la cui velocità è tale che sia :



                                            q*E = B*q*v ,     cioè se  :    v = E / B.


Gli ioni che attraversano la fenditura F (aventi quindi una stessa velocità), entrano  in  una  seconda  camera,  (anch'essa immersa in un campo magnetico, ortogonale al monitor  e  di verso entrante), e dopo aver descritto mezza circonferenza,  per  la  forza  di Lorentz), vanno a sbattere su una lastra fotografica.

Il raggio di curvatura  :  R = m*v / ( B*q),  dipenderà  dal rapporto  m / q  fra la massa e la carica dello ione.

Sarà così possibile rivelare la presenza di ioni di massa diversa (a parità di carica q). Le due camere sono sotto vuoto spinto per evitare le deviazioni causate dagli urti fra ioni e molecole d'aria.

Lo spettrometro di massa fu inventato nel 1919,  dal fisico inglese Aston.  Con  questo  apparecchio  dimostrò che il comune cloro è in realtà una miscela di due tipi diversi di atomi con proprietà chimiche identiche.

Il 75 %  degli atomi  di  cloro  impressionavano la  lastra  fotografica  in un punto corrispondente alla massa 35 e il 25 %  in un altro punto corrispondente a massa 37. Col suo strumento si  esaminarono  poi altri elementi e si scoprì così che la maggior parte di essi è in realtà una miscela di due o più isotopi,  come vengono chiamati gli elementi che nel loro nucleo contengono lo stesso numero di protoni, ma un diverso numero di neutroni.

 Così ad es. si scoprì che il  99.3 %  dell'Uranio è costituito dall'isotopo 238, mentre solo  lo  0.7 %  è costituito dall'isotopo 235 che ha 3 neutroni in meno nel nucleo.

Entrambi  gli  isotopi hanno lo stesso numero di protoni (92), ma un diverso numero di neutroni.

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IL CICLOTRONE : Acceleratore di particelle cariche.

IL CICLOTRONE DI LAWRENCE (1932)

Il ciclotrone, realizzato in America nel 1932, è un'ingegnosa apparecchiatura che permette di 

accelerare protoni  o  elettroni, applicando loro per un gran numero di volte la stessa d.d.p. Vo, 

per cui in ' n ' giri  è  come se lo ione  fosse accelerato con una tensione di valore  (n Vo) .

La d.d.p.  Vo  è applicata fra i due conduttori di rame aventi la forma di due D, che sono le due 

parti di una scatola cilindrica tagliata a metà nella zona diametrale. 

Ciclotrone

Il tutto è sotto vuoto spinto ed è posto fra i poli di un potente elettromagnete.

All'interno delle D il campo elettrico è nullo  e  vi agisce soltanto il campo magnetico che fa in-

curvare la traiettoria.

Soltanto nel passare da una  D all'altra,  gli ioni  subiscono l'azione della tensione Vo applicata 

fra esse.

Ricordando che il raggio di curvatura : r = m v / (B q),  si  capisce  che  all'aumentare della 

velocità  ' v 'dello ione,  aumenta anche il raggio di curvatura della  traiettoria,   per  cui basta 

cambiare il segno della d.d.p. Vo, in sincronia col passaggio dello ione da una D all'altra. 

Ciò è possibile grazie  al fatto  che  il  tempo impiegato  dal  singolo  ione  per  fare un giro non 

dipende dal raggio della traiettoria,  ma solo dal rapporto  fra  la  carica e la massa dello ione e 

dall'intensità del campo magnetico  B.

Infatti si sa che il periodo T = 2*π * r / v  ed essendo   r  =  m*v / ( B*q),  risulta :

T = 2*π*m / ( B*q)

Quindi la velocità aumenta in proporzione all'aumento del raggio dell'orbita.

Basterà quindi applicare alle due  D  del ciclotrone  una tensione  'alternata'  regolandone la 

frequenza ad un valore tale che nel tempo impiegato dallo ione per descrivere mezza circon-

ferenza,  si  presenti nel corridoio, un campo elettrico concorde.

Lo ione farà così come il povero somaro che vede costantemente una carota  davanti  al  muso  

e  per tentare di raggiungerla le corre dietro, in cerchio, e .. sempre più veloce.

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martedì 20 marzo 2018

COME VERIFICARE IN LABORATORIO LA LEGGE DI OHM

ANALOGIA  IDRICA  CON LA LEGGE DI OHM

Se si apre il rubinetto che mette in comunicazione due recipienti, il liquido si mette in movimento, finché c'è un dislivello.

Per ottenere una corrente di intensità costante è necessario mantenere un dislivello costante, (ad es. con  un rubinetto che immette liquido da una parte ed un foro dall'altra).

Analogamente, per avere  una  corrente elettrica  di  intensità costante in un conduttore, basterà mantenere una  d.d.p. costante ai suoi estremi.

Una pila, un accumulatore, o un alimentatore, sono capaci di  mantenere una  d.d.p. costante  ai   capi di un conduttore e quindi di mantenervi una corrente di intensità costante.

Per ora non è necessario sapere come funziona un generatore elettrico  e   basterà  ricordare  che nel polo positivo esso mantiene un difetto di elettroni e nel negativo, un eccesso.

Se fra questi due poli colleghiamo gli estremi di un conduttore, gli elettroni di conduzione di questo si metteranno in  moto perché attratti dal polo positivo e respinti dal negativo.

Convenzionalmente si dice però che la corrente elettrica è costituita dal movimento di cariche positive, respinte dal polo positivo e attratte dal negativo, anche se è vero il contrario (perché gli elettroni sono stati scoperti successivamente).
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VERIFICA SPERIMENTALE DELLA LEGGE DI OHM

Ecco il circuito di base (comune a molte esercitazioni). Prima si fa studiare alla lavagna.

Dal morsetto positivo dell’alimentatore si va col filo conduttore 1 all’estremo di sinistra del reostato, mentre si collega l’altro estremo al polo negativo dell’alimentatore col filo 2.

Con il filo 3 si va dal morsetto di sinistra ‘D‘ del reostato, all’ingresso positivo dell’amperometro. 
Dal morsetto negativo dell’amperometro si va col filo 4 all’estremo di sinistra del conduttore Rx e l’altro estremo di Rx viene collegato al cursore del reostato col filo 5 in modo da poter variare la d.d.p ai capi di Rx.
Infine il voltmetro viene collegato con due conduttori (6 e 7) agli estremi di Rx per poter misurare le varie d.d.p. che verranno applicate variando di volta in volta la posizione del cursore del reostato. Per questo circuito sono necessari 7 conduttori con spinotti agli estremi.(Non si fanno saldature).

Ricordo che tutti gli anni lanciavo  la sfida a montare questo circuito con gli occhi bendati e iniziava la lotta perché tutti se la sentivano di provare. Così acquistavano presto la sicurezza necessaria per montare un circuito elettrico (.. dopo, ma con gli occhi sempre ben aperti).

Lo scopo di questa esercitazione è quello di studiare come varia l’intensità della corrente nel conduttore R al variare della d.d.p. V applicata ai suoi estremi.

Prima di chiudere l'interruttore, raccomandavo di assicurarsi che il  cursore  del reostato fosse  più vicino possibile  al 'morsetto doppio D' (per non bruciare i due strumenti di misura).
Per questi raccomandavo di  scegliere  portate  sovrabbondanti, da ridurre successivamente.




Il grafico di vecchie misure (riportato  nella figura accanto), ci consentì di affermare che la d.d.p. V applicata agli estremi del conduttore R  e l'intensità  della  corrente ' i ' che,  di  conseguenza l'attraversa, sono direttamente proporzionali, per cui il loro rapporto : V / i = costante.

E' per l'analogia con le correnti liquide che al valore di questo rapporto si è dato il nome di  'resistenza elettrica'  e  si pone : 

V  /  i  =  R.

In onore di chi scoprì questa legge, la resistenza elettrica si misura in Ohm (il cui simbolo è Ω)
 1 Ω = 1 (V) / 1 (A).

Quindi ha la resistenza di 1 Ω, quel conduttore che, con la d.d.p. di 1 Volt  agli estremi,  viene  attraversato dalla corrente di 1 Ampere.




   1 (Ω )  =  1 (V ) / 1 (A)

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mercoledì 14 marzo 2018

COS'E' LA FORZA ELETTROMOTRICE DI UN GENERATORE?


COS’E’ LA FORZA ELETTROMOTRICE (f.e.m.) DI UN GENERATORE?

In Laboratorio potremo realizzare un' esercitazione per verificare che la tensione fra i morsetti di  un 'generatore',  (accumulatore, pila, alimentatore),  è tanto minore, quanto maggiore è la corrente che eroga.

Se non siamo in laboratorio ce ne possiamo accorgere  se  mettiamo in moto un'automobile con i fari  accesi. Noteremo un'improvvisa diminuzione della loro luminosità dato che il motorino d'avviamento assorbe una corrente piuttosto alta, per fortuna solo per pochi secondi, (ed ... è meglio non insistere troppo).

Prima di mandare la corrente nel nostro circuito, si consiglia di verificare :

1°) Che la portata del voltmetro non sia inferiore ai 12÷20 V (se l'accumulatore è da 12 V).

Che il reostato sia 'tutto inserito' (quindi con  il cursore  spostato  tutto  a  sinistra)  e che pos-

sa sopportare correnti fino a una decina di ampere. NON PORTARE IL CURSORE A DE-

STRA. Sarà più prudente utilizzare il reostato a potenziometro (come in quasi tutte le esercita-

zioni di Laboratorio).

3°) Che la portata dell'amperometro sia adeguata a queste correnti. (tenerlo d’occhio durante

le misure per non bruciarlo).

Basterà misurare alcune coppie di valori di tensione e corrente,  spostando  ogni volta il cur-

sore verso destra. (Così  facendo, l'accumulatore  risulta  chiuso  su  una  resistenza  minore 

ed  eroga  una corrente maggiore).

Il massimo valore della tensione V(MN),  si  misura 'a tasto aperto', quando  l'accumulatore 

non  eroga corrente . Ed ecco il grafico di nostre vecchie misure.





V(N) - V(S) = i * r, quindi si ha  :  V(S) - V(N) = - i * r.

     Fra i punti M ed S c'è un generatore 'ideale' (che non esiste,               perché privo di resistenza interna).

La f.e.m. (leggi forza elettromotrice), è un antico nome improprio, perché non è una forza, ma la d.d.p. fra i morsetti di un generatore ideale (con r=0), quindi :  V(M) - V(S) = f.e.m.

Se sostituiamo le ultime relazioni nell'identità di prima, avremo 

V(M) - V(N)  =  f.e.m.  -   i * r

E' questa  la legge di Ohm  per  un tratto di conduttore  comprendente  un  elemento  attivo,

qual'è  un generatore che 'eroga corrente'.

Se i = 0 risulta : V (M) - V(N) = f.e.m.   E' per questo  che si definisce  f.e.m. di un generatore 

la  d.d.p. fra i suoi morsetti a 'CIRCUITO APERTO', quando cioè risulta : i = 0.

Il grafico che si ottiene in pratica, non è quasi mai perfettamente rettilineo, perché la resisten-

za  ' r ' varia al variare della temperatura dell'elettrolita  e  la  f.e.m. può  variare ...


Non sarà difficile capire che per caricare un accumulatore, sarà necessario che la corrente entri per il suo morsetto positivo e sarà necessario applicare una d.d.p. maggiore della sua f.e.m, per cui sarà :

fcem-00

V(M) - V(N)  =  f.e.m  +   i * r  

Infatti V(M) - V(N) = [ V(M) - V(S)] +( [ V(S) - V(N) }

ed ora, a differenza di prima V(S) - V(N)  è positiva perché la corrente va in quel verso. Il grafico precedente dovrà risultare in salita anziché in discesa.

Il morsetto positivo del generatore (carica batterie) che eseguirà la carica andrà collegato con il  morsetto positivo dell'l'accumulatore da caricare  (quindi IN OPPOSIZIONE),  (come si fa con gli accumulatori di due vetture quando una delle due batterie non ce la fa più).



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domenica 11 marzo 2018

La Terza legge di Keplero spiega perché i pianeti più lontani dal Sole (o da una stella qualsiasi sono più lenti quanto più ne sono distanti


LA  MASSA  DEL  SOLE  E  LA  TERZA  LEGGE  DI  KEPLERO

Per mezzo della Legge di Gravitazione Universale,  conoscendo la distanza dal Sole e  il perio-

do di  rivoluzione  della Terra  o  di uno qualsiasi  dei  pianeti del sistema solare, si può calco-

lare il valore della massa del Sole.

La formula finale ci farà trovare la Terza legge di Keplero.

Basta  uguagliare  la  forza  attrattiva  da  parte  del  Sole  alla  forza  centrifuga che agisce sul

pianeta (nell'ipotesi che il moto del pianeta sia circolare uniforme).

Se il pianeta è la Terra, sappiamo che il raggio medio della sua orbita è di circa 150 milioni di

chilometri e il suo periodo T = 365 giorni,    v = 2 π r / T.

(1)  G * M * m / r 2 = m *2 /  r  


si possono dividere entrambi i membri per ' m / r '  e si ottiene :

  M = 4*π2* r 3  /  ( G *T2 )   =   2*1030 (kg)

Da quest'ultima  uguaglianza  vediamo  che  per tutti  i  pianeti che ruotano intorno al Sole o

ad un’altra stella qualsiasi,  i cubi dei  semiassi maggiori  delle orbite  sono  proporzionali ai

quadrati dei loro periodi di rivoluzione. 

3 / T 2 =  G M  / π 2 = costante per ogni dato M.

TuttI i pianeti più distanti dal Sole hanno semiassi maggiori  e  periodi  maggiori,  quindi sono

più lenti.

Conoscendo il raggio dell'orbita lunare (384400 km) ed il periodo di rivoluzione della Luna

(27,32 giorni), la stessa equazione consente di calcolare la massa M della Terra, invece di quel-

la del Sole.

Dalla (1) si ricava la velocità del pianeta del sistema solare o dei satelliti artificiali della Terra.


Da questa formula possiamo ad es. dedurre che la velocità di un satellite in un'orbita di raggio quadruplo dev'essere la metà di quella di un satellite di raggio 1/4 ed infatti, in base alla Legge di Keplero avevamo detto che quelli più lontani hanno periodi più lunghi e quindi sono più lenti.

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